Febbraio 1, 2019 D – Quando è fattibile la stimolazione profonda? E determina rischi? Questa terapia, che non si utilizza solo per il Parkinson, vede la stretta collaborazione del neurologo e del neurochirurgo, in ogni fase, anche in sala operatoria. Attraverso la risonanza magnetica e la tac si localizzano i nuclei cerebrali su cui intervenire, nei quali verranno impiantati degli elettrodi di stimolazione alimentati elettricamente da un generatore. Viene praticato su pazienti relativamente giovani, dopo 4 o 5 anni di malattia e quando il controllo dei sintomi mediante la terapia farmacologica diventa insoddisfacente, incide sui sintomi motori dando buoni risultati a lungo termine e permette di ridurre le terapie farmacologiche. I rischi principali sono che se la scelta del paziente non è adeguata esso non ne tragga benefici; che non si riesca a posizionare bene l’elettrodo e questo avviene in circa il 10-15% dei casi; il rischio infettivo, raro, può determinarsi in quanto gli elettrodi rimangono impiantati nel cervello, mentre il rischio di emorragia celebrale, circa il 1%, si evita simulando il percorso che deve fare l’elettrodotto per impiantarlo. La stimolazione profonda non è ragionevolmente applicabile ai parkinsoniani più anziani oltre i 70 anni, in quanto si tende a praticarla nei giovani pazienti che hanno ancora la possibilità di godere a lungo di una buona qualità della vita e per i quali i rischi generali di un intervento neurochirurgico sono minori. Navigazione articoli Articolo precedente1.672 !