LA STIMOLAZIONE COGNITIVA NELLA MALATTIA DEL PARKINSON

Maggio 11, 2019

MANTENERE IN FORMA IL CERVELLO CON L’ESERCIZIO … SI PUO’ !

a cura della Dott.ssa Claudia Iacobacci, della Dott.ssa Laura Messina , del Dott. Daniele Mei con la collaborazione di Claudia Dolcini

Al momento non esiste una cura definitiva per la malattia di Parkinson, tuttavia con i trattamenti sintomatici appropriati l’aspettativa di vita è simile a quella della popolazione generale. Il trattamento principale consiste nella somministrazione della levodopa, che tuttavia va incontro a una graduale perdita di efficacia. Per migliorare la sintomatologia motoria, oltre alle cure farmacologiche, esiste un trattamento di tipo chirurgico che consiste nel posizionare degli elettrodi a livello di strutture profonde del cervello, mentre per le difficoltà cognitive e le capacità mentali può essere intrapreso un percorso comportamentale che prevede, oltre al supporto psicologico, la stimolazione e la riabilitazione cognitiva.

Nel contesto della stimolazione e della riabilitazione cognitiva si inserisce una figura “particolare” con competenze neuropsicologiche. Attraverso l’uso di strumenti specifici (test cognitivi) lo psicologo con queste specifiche competenze può stilare un profilo cognitivo della persona aiutando lo specialista nella diagnosi differenziale, accompagna e supporta la persona nelle diverse fasi di cambiamento, educa nell’iter del trattamento chirurgico e si occupa delle terapie comportamentali orientate al mantenimento delle abilità cognitive, con l’obiettivo di poter collaborare alla migliore qualità della vita della persona che segue. Tra gli strumenti a disposizione, oltre alla fisioterapia e alla logopedia, abbiamo a disposizione i protocolli di riabilitazione e stimolazione cognitiva. Attualmente La riabilitazione cognitiva e la stimolazione cognitiva sono considerate efficaci trattamenti non farmacologici e consistono nel mantenimento e nell’apprendimento di strategie compensatorie che sfruttano le abilità cognitive integre e conservate al fine di contrastare il decorso degenerativo della malattia. Il tutto è reso possibile da un meccanismo fondamentale del nostro cervello chiamato neuroplasticità, che si definisce nella capacità, propria di quest’organo, di modificare la struttura nel corso del tempo in risposta all’esperienza, arrivando a mantenere o migliorare il proprio livello di prestazione. Gli approcci di questo tipo agiscono, quindi, sull’aspetto quantitativo della patologia mantenendo il neurone in funzione il più possibile e ritardandone l’evoluzione e sull’aspetto qualitativo, in quanto i miglioramenti percepiti aumentano il tono dell’umore riducendo così il disinteresse e la depressione e mantenendo il più a lungo possibile l’autonomia anche grazie al miglioramento del senso di autoefficacia. Impostare un trattamento riabilitativo richiede la conoscenza approfondita dei meccanismi cerebrali e delle alterazioni previste dalla patologia e, contrariamente a quanto è facile supporre, non consiste nel proporre singole attività ma nell’offerta di un pattern di esercitazioni, di difficoltà crescente e stimolanti per la persona, a seguito di un’attenta valutazione dello stato cognitivo. Nella MP è possibile attuare programmi operativi sia preventivi sia curativi. I disturbi cognitivi associati alla MP possono infatti essere tanto lievi da non interferire, se non in misura modesta, con l’autonomia quotidiana o essere tanto gravi da determinare un quadro di deterioramento cognitivo. I profili cognitivi caratteristici coinvolgono compromissioni delle funzioni esecutive, nella capacità di concentrazione e nella capacità di alternare compiti e nella capacità di mantenere attive e manipolare le informazioni a cui si associa rallentamento ideomotorio.

Gli approcci di riabilitazione e stimolazione cognitiva prevedono l’uso di strumenti quotidiani, esercizi carta e matita oppure batterie computerizzate. Di essenziale importanza è la costanza nell’esercizio (bastano anche pochi minuti al giorno) da attuare anche a seconda dell’andamento delle terapie farmacologiche. Riguardo l’uso di strumenti quotidiani basti pensare a cosa può significare fare una partita a carte o a shanghai, o scrivere una lettera. Basti pensare alla coordinazione che serve per mangiare un piatto di spaghetti o versare un bicchiere d’acqua!

Per quanto riguarda le batterie computerizzate, mi piace soffermarmi sulla piattaforma Brainer (http://www.brainer.it/) di cui è stata attestata la reale efficacia attraverso diverse sperimentazioni scientifiche. Si tratta di impostare, dopo una accurata valutazione neuropsicologica, una sequenza di esercizi. Gli esercizi costituiscono una riabilitazione personalizzata sulla base dei deficit e della loro gravità in quanto si possono impostare 3 di livelli di difficoltà crescente, che permettono di assegnare la difficoltà più idonea alla persona. La particolarità di questa piattaforma è il fatto che, grazie a dei grafici e tabelle che riportano l’andamento delle prestazioni negli esercizi, si può controllare a distanza la persona che li effettua. C’è cosi uno scambio continuo finalizzato ad aggiustare la difficoltà degli esercizi e anche la percezione di piacevolezza che la persona ha nel farli. In questo modo gli spostamenti del paziente presso lo studio si riducono e l’esercizio diventa più frequente in quanto sempre accessibile. Gli appuntamenti, diradati, servono soprattutto a fare un check della situazione e a capire l’impatto che questi miglioramenti hanno sulla vita quotidiana.

Va prestata inoltre, particolare attenzione alla terapia farmacologica assunta e al momento della giornata in cui vengono effettuati gli esercizi. A volte, infatti, gli esercizi cognitivi seguono l’andamento fluttuante dei disturbi motori. Attraverso l’uso del Brainer la maggior parte dei pazienti con MP hanno ottenuto una maggiore velocità di elaborazione e capacità a mantenere l’attenzione sostenuta e la vigilanza che permettono il mantenere una conversazione più a lungo e un mantenimento prolungato dell’attenzione.

È essenziale scegliere insieme il tipo di esercizio in quanto la motivazione a effettuare le sessioni frequentemente dipende dal grado di interesse che l’esercizio stesso stimola nel paziente.

Ogni cosa può essere utilizzata a scopi riabilitativi! La scrittura e l’articolazione della parola possono essere stimolati tramite la lettura ad alta voce di una poesia e di una copia della stessa su un foglio. La capacità di critica può essere stimolata andando a commentare a voce la poesia di cui sopra o avere un dibattito su un argomento di interesse comune.

In conclusione, la riabilitazione nella MP prevede un approccio cognitivo basato sull’esame del singolo soggetto. La persona deve sentirsi libera di esprimere i suoi gusti nella scelta della tecnica da usare. Si diventa così parte essenziale di un quadro che vede la persona con le sue capacità e non la persona dietro i suoi sintomi.

Ricevere una diagnosi di MP è viversi ed affrontare una condanna che diventa un inquilino fastidioso. La migliore cura è sentirsi in grado di continuare ad agire nel proprio mondo con le proprie capacità e caratteristiche, adattandosi alle difficoltà.