PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE

Novembre 29, 2018

 Silvia Maria BARONCELLI

Biologo Nutrizionista

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite”Disordini del Movimento” e tra queste è la più frequente. La levodopa è la terapia di sostituzione più efficace, e prima o poi si aggiunge al regime terapeutico di tutti i pazienti con malattia di Parkinson. La levodopa, un amminoacido neutro che viene assorbito nel primo tratto dell’intestino,specificatamente nel digiuno, compete con gli amminoacidi assunti durante un pasto ricco di proteine, nell’assorbimento a livello intestinale e il passaggio attraverso la barriera ematoencefalica. La terapia nutrizionale nella malattia di Parkinson è di fondamentale importanza, necessaria per l’adeguamento delle abitudini alimentari, volta a mantenere un adeguato stato di salute, migliorare l’assorbimento della terapia farmacologia, aiutare l’effetto di un’adeguata terapia riabilitativa del Paziente.

Molti studi evidenziano l’importanza dell’alimentazione anche nella modificazione del microbioma, la composizione della flora intestinale muta secondo il nostro peso e ciò che mangiamo; uno stato di normopeso, sovrappeso o obesità comporta una modificazione nel numero e nella specie dei ceppi batterici presenti nell’intestino. Nel morbo di Parkinson si è vista una correlazione tra alcune specie batteriche che differiscono nel numero e sono direttamente correlate all’aggravarsi della malattia.

Non esiste un’unica dieta ideale per tutti i malati di Parkinson, non solo perché ogni paziente ha un Parkinson diverso dagli altri, ma anche perché ogni persona su questo pianeta è diversad a tutte le altre, con specifiche nutrizionali differenti per necessità e quantità. Ogni singola persona, sia essa fisiologicamente sana o con patologie accertate, ha caratteristiche fisiche diverse, metabolismo basale, composizione corporea, ma anche gusti e abitudini che fanno sì che ogni individuo sia un universo a sé stante. Va quindi sottolineata l’importanza di una dieta personalizzata, fatta sul paziente e bilanciata sui propri bisogni nutrizionali.

Essendo la malattia a decorso lento ma progressivo, dovremmo distinguere un’alimentazione che segua le diverse fasi della stessa, alleviando i sintomi e sostenendo il paziente con le giuste quantità nutrizionali. In tutti gli stadi, non deve comunque discostarsi da una dieta mediterranea classica, con assunzione giornaliera di carboidrati,meglio se integrali o poco raffinati, ricca di frutta e verdura con consumo limitato di cibi conservati, e fonti proteiche di origine vegetale e animale,facendo attenzione al consumo di latte e latticini.

Nella prima fase, la persona affetta da morbo di Parkinson non dovrebbe apportare cambiamenti importanti all’alimentazione giornaliera, a patto che questa sia corretta nelle abitudini,sono consigliati cinque pasti giornalieri, composti di una colazione, uno spuntino, un pranzo, una merenda e una cena. I pasti molto pesanti, i cosìdetti ”pranzi della Domenica” andrebbero evitati, così come l’assunzione di cibi molto grassi, che possano rallentare l’assimilazione dei farmaci.

Nel progredire della malattia, i gruppi alimentari (carboidrati, proteine) sarebbe auspicabile che venissero distribuiti nel corso della giornata, aumentando il consumo di carboidrati ad ogni pasto e riducendo l’apporto proteico al solo pasto serale. Le esigenze individuali, la risposta all’apporto proteico e l’efficacia della terapia possono differire da un paziente all’ altro, sottolineo quindi l’importanza di rivolgersi al proprio medico o ad un professionista della nutrizione prima di apportare modifiche alla dieta. Anche in questo periodo si dovrebbero prevedere tre pasti principali e due spuntini a intervalli tali da massimizzare l’efficacia dei farmaci prescritti, (la cura farmacologica a base di levodopa,andrebbe assunta circa un’ora prima di ogni pasto) secondo le seguenti proporzioni di calorie totali giornaliere:

Colazione 20%; Pranzo e cena 35% ciascuno; Spuntini 5% ciascuno.

Volendo fare un esempio pratico:

La colazione potrebbe essere composta da caffè, una fetta di pane, meglio se integrale, con marmellata o miele.

Gli spuntini potrebbero prevedere frutta o carboidrati complessi quali biscotti o cracker.

Il pranzo potrebbe essere composto da un primo piatto a base di pasta o riso o cereali quali il farro, l’orzo o l’avena senza proteine aggiunte (carne, pesce, uova, formaggio o legumi),accompagnato da un contorno di verdure crude e/o cotte, olio extra vergine di oliva e frutta.

La cena potrebbe essere composta da proteine (carne, pesce, legumi o formaggio), accompagnata da verdure, frutta e pane oppure patate, o pasta e legumi come primo piatto.

L’apporto proteico non dovrebbe superare gli 0,8 g per chilo di peso ideale.

La stipsi è il sintomogastrointestinale più comunemente riferito dai pazienti con malattia di Parkinson. Può verificarsi sia in fase clinica che preclinica e peggiora con la progressione della malattia. – Fino al 30% delle persone con questa malattia presenta disturbi della motilità del colon, e fino al 60% soffre di disfunzione anorettale.

Tra le terapie non farmacologiche si raccomanda un maggiore apporto di liquidi e fibra, (almeno otto bicchieri di acqua al giorno), anche l’aumento dell’attività fisica può essere un beneficio.

Quindi è di fondamentale importanza prestare attenzione all’idratazione giornaliera, non bisogna bere solamente a pasto, ma cercare di assumere liquidi durante l’arco della giornata anche quando non si sente lo stimolo della sete, piccoli sorsi distribuiti nella giornata.

In generale le persone anziane, possono presentare carenze in alcune vitamine e minerali, difatti la piramide alimentare over 65 indica una possibile integrazione di calcio, vit. D e Vit Bsu consiglio medico; anche i pazienti parkinsoniani tendono a presentare carenza di alcuni minerali come il calcio, il ferro e di alcune vitamine (D, B)il cui apporto supplementare può talvolta essere necessario, non solo perché si è visto che quest’ultima può aiutare nella scioltezza dei movimenti, ma anche perché la levodopa stessa in grandi quantità, produce dei metaboliti tossici come per esempio l’omocisteina che, per essere smaltiti hanno bisogno delle vitamine del gruppo B.

Nella fase avanzata della malattia, alcuni pazienti possono avere difficoltà di deglutizione, va posta quindi particolare attenzione alla consistenza degli alimenti. Evitare di proporre cibi di due consistenze, vanno invece prediletti cibi morbidi e gustosi;

l’appetibilità deve essere sempre tenuta in considerazione, le difficoltà della malattia non devono venir oltremodo appesantite da pasti poco gustosi che tolgano la voglia di mangiare,la cucina deve rispondere alle esigenze nutrizionali e alle condizioni del paziente, senza rinunciare al piacere del buon cibo.

Concludendo, se si è affetti dal morbo di Parkinson è estremamente importante seguire una dieta sana ed equilibrata, poiché aiuta a tenere sotto controllo i sintomi quali la stitichezza, la digestione lenta, la difficoltà di deglutizione, e può aiutare ad avere la massima risposta alla cura farmacologica.

Sottolineo ancora l’importanza di una dieta che sia costruita sul paziente, quindi rigorosamente personalizzata,così da fornire nelle diverse fasi della malattia, tutti i nutrienti di cui il singolo ha bisogno, ricordando  che ognuno di noi ha fabbisogni differenti e che l’aiuto di un medico o di un professionista della nutrizione può essere di fondamentale importanza nella gestione della malattia.